venerdì 23 marzo 2012

Analisi all'omofobia

L'omofobia è qualcosa di molto comune nella nostra società, ma raramente è esaminata accuratamente o messa in dubbio. Mentre la società continua a cambiare, anche i nostri punti di vista collettivi riguardo l'omosessualità stanno cambiando. Una volta considerato un disturbo mentale, e questo non più di quaranta anni fa, è ora parte integrante dell'identità individuale anche se come elemento non è sempre facile da accettare.

Anche se la comunità LGBT ha assistito a importanti passi compiuti verso il riconoscimento degli stessi diritti degli eterosessuali, come ad esempio i matrimoni omosessuali legittimizzati in alcuni paesi, la maggior parte della comunità si trova concorde nell'affermare che la strada da percorrere sia ancora lunga in termini di diritti e, soprattutto, di accettazione da parte della società tradizionale.

La persecuzione degli adolescenti gay e lesbiche già nelle scuole sono fatti scottanti e questioni controverse che sono importanti indici della mancanza di accettazione dell’intera società. Chiunque sarà d'accordo nell'affermare che l'adolescenza porta con sé importanti decisioni da prendere riguardo alla propria vita, ma le cose diventano anche più complicate quando si stratta di individui con sentimenti embrionali riguardanti l'omosessualità. Nonostante tutti i passi compiuti finora, perché tante persone credono ancora che l'omosessualità sia sbagliata o, perlomeno, si sentono a disagio con l'idea che qualcuno sia gay? Inoltre, perché il concetto di omofobia non viene mai approfondito a livello istituzionale?

C'è una moltitudine di ragioni e spiegazioni a queste domande. Semplicisticamente, si potrebbe affermare che molte persone sono a disagio con l'omosessualità perché la loro religione insegna che è contro natura, che la sessualità stessa debba essere vissuta con disagio, operando quindi un grosso condizionamento sociale. Anche se all'apparenza semplici, queste sono le cause principali addotte per l'omofobia, vale quindi la pena di approfondirle.

Il cristianesimo è una religione dominante e membri e dirigenti della chiesa sono influenti in molti aspetti della nostra società. Tradizionalmente i cristiani hanno insegnato che l'omosessualità è sbagliata e che è peccato. Il non vivere in uno stato laico fa si che certi principi, peraltro mai negati, entrino a far parte della società come accettabili fino a radicarsi a fondo nella cultura di un paese che in linea di massima si fa poche domande.

La cultura di ogni società definisce ciò che è normale e ciò che non lo è. Questi principi vengono insegnati a partire da un'età molto giovane. In questo flusso precoce di informazioni viene passata anche l'idea che l'eterosessualità sia la norma, il che rende automaticamente l'omosessualità una sottocultura, un modo "diverso" di vivere.

Nonostante le diverse forme di apertura la norma resta quella dell'eterosessualità, questo concetto rende l'ambiente ostile, inospitale e, al meglio, scomodo, per una qualsiasi persona LGBT. Il che va a rendere difficile anche il percorso personale di tali persone sulla ricerca di se stesse.

Secondo l'American Psychiatric Association, "paure e incomprensioni sull'omosessualità sono elementi scoraggianti diffusi e comuni nello sviluppo e nel mantenimento di una positiva immagine di sé nelle persone gay, lesbiche e bisessuali e delle loro famiglie."

Le controversie e i dibattiti su come l'omosessualità continuerà ad essere parte della nostra cultura, andranno avanti per un bel po' di tempo. E dato che queste polemiche persistono è facile pensare che lo farà anche l'omofobia. L'elemento chiave e scatenante può semplicemente essere identificato nella assoluta incapacità della maggior parte delle persone di mettere in dubbio il concetto di norma sociale e quindi di capire che esiste un intero mondo, del tutto accettabile, che è al di la di essa. Per portare avanti un dibattito utile su omosessualità e omofobia potrebbe essere molto utile mettere sul tavolo della discussione il concetto stesso di "norma" e quindi di "normalità".


Based on Julie Horwitz's article.

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