Credo che la volontà (che spesso viene vissuta come
necessità) di interfacciarsi con gli altri in maniera superficiale ci porti in
maniera fin troppo naturale ad affibbiare etichette sociali comuni e condivise
su cosa l'altra persona debba essere. Queste etichette però, dando
un'articolata idea di base, anche quando si desidera andare più a fondo nella
conoscenza dell'altro, persistono, si evolvono senza venir mai accantonate, si
spingono lungo un asse, fino a riportarci comunque ad un'immagine sbagliata della
persona in questione, una sorta di ibrido tra ciò che è in realtà e l'idea
iniziale che ne avevamo costruito.
Gli ambienti lavorativi sono un classico esempio di ciò.
Nessuno intende interfacciarsi in maniera troppo naturale con un collega appena
conosciuto. Si viene a conoscenza delle sue mansioni, del suo sesso e di ciò
che altri magari te ne hanno riportato. Prima ancora di stringere la mano
all'interessato si pensa quindi di avere tutte le informazioni che possano
interessare per permetterti di collaborarci funzionalmente. Quindi se si
stratta di una donna con una mansione tecnica, si presume che le sue capacità
non siano al meglio. Se si tratta di un assistente, che non abbia altri skill
che non quelli di assistere meglio possibile qualcuno con maggiori
responsabilità e così via.
Ma mentre in alcuni ambienti questa tecnica può portare
comunque ad una collaborazione, per quanto zoppa visto che le reali
caratteristiche del soggetto ne sono state praticamente oscurate, in altri può
costituire un vero disagio. Negli ambienti sociali ad esempio, conoscere una
coppia può portare ad equivoci veramente grossi. Partire dal solo presupposto
che si tratti di una coppia monogama può limitare di molto le possibili
interazioni che si hanno coi suoi elementi. Si tende a mantenersi nei
comportamenti comunemente accettati, a parlare coi soggetti in questione senza
mai dimostrare un interessamento più esplicito anche quando uno dei due ci
attrae. E ciò va a scolpire un'immagine rigida dei due, difficile da infrangere
anche quando si venga a conoscenza che il loro rapporto non è monogamo. Quindi
anche nel far presente il proprio interessamento per uno dei due, si risente di
un certo imbarazzo nei confronti dell'altro. Perché? Naturale timore di
confronto oppure il frutto dell'idea iniziale che ci si era fatti?
Così molte coppie poligame si riversano negli ambienti più
"trasgressivi" pur di vivere serenamente la loro forma di sessualità
"aperta". Luoghi in cui non si fa altro che affermare che i comuni
comportamenti sociali valgono ma fino ad un certo punto, luoghi dove una coppia
vale la pena di essere conosciuta più a fondo per capire quali accordi la
caratterizzano. Ma ciò, se da un lato apre la possibilità di viversi
serenamente, dall'altra ghettizza certi comportamenti, in un certo qual senso
li rende ancora più "strani", "stravaganti",
"anomali" e porta a qualcosa di estremamente pericoloso: la nascita
delle maschere sociali. Se non posso vivermi serenamente nella vita di tutti i
giorni, allora lo farò in un privè il sabato sera e visto che non sento più la
necessità di vivermi altrove, tanto vale che nella vita di tutti i giorni
nasconda la persona che sono in realtà, fino a perdere l'abitudine di
dimostrarmi per come sono, fino a sentirmi "diverso". Perché una
società comune in cui certi comportamenti non sono esternati, non impara mai a
farsi domande in proposito, non impara mai ad aprirsi senza giudicare ed è fin
troppo comprensibile se sono i soggetti stessi non comuni a nascondersi per
primi.
E così il gatto si è afferrato la coda. Il meccanismo è
assolutamente discendente, porta alla chiusura, agli equivoci, ad una società che
cela le sue anomalie, che mente a se stessa, che si scandalizza pur di non
farsi considerare come una "stranezza".
Come infrangere questo meccanismo? Facendosi forza e, senza
ostentare, proporsi per quello che si è in realtà. Parlare dei propri rapporti,
anche quando questi non rientrano nello schema comune, parlare delle proprie
tendenze sessuali, parlare delle proprie scelte di genere. E' imbarazzante
certe volte, ma si impara come qualsiasi altra cosa. All'inizio non si
troveranno esattamente le parole corrette per esprimersi e forse si farà un
gran casino tra il cercare di nascondere gli elementi più difficili ed
esternare quelli che si ritengono più accettabili, se si ha davanti poi
qualcuno che si rivela veramente bigotto... viene davvero la voglia di dire
"Stavo scherzando". Però man mano la situazione migliora, si impara
prima di tutto a mettere da parte il proprio giudizio su se stessi e il
discorso diventa molto più lineare, quando non si ha niente da nascondere è
tutto più facile.
Dopotutto anche il più appassionato sadomasochista, ad
esempio, rispetta l'integrità e la libertà altrui, e questi concetti sono cari
alla comunità, solo che per alcuni escono in maniera più articolata, e allora?
Chi vorrà ascoltare lo farà, qualcuno si scandalizzerà all'inizio ma poi verrà
a chiederti informazioni, qualcun'altro non dirà nulla, assumerà le
informazioni che gli state dando, fino ad arrivare a chi a sua volta avrà
qualcosa da raccontare, e trovando un ambiente propizio dove farlo finalmente
liberamente, lo esternerà e allora starà a voi ascoltare.
Il gatto non si morde più la coda, il meccanismo è stato
ribaltato. Possibile fosse così semplice?
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