martedì 6 marzo 2012

Maschere e gatti


Credo che la volontà (che spesso viene vissuta come necessità) di interfacciarsi con gli altri in maniera superficiale ci porti in maniera fin troppo naturale ad affibbiare etichette sociali comuni e condivise su cosa l'altra persona debba essere. Queste etichette però, dando un'articolata idea di base, anche quando si desidera andare più a fondo nella conoscenza dell'altro, persistono, si evolvono senza venir mai accantonate, si spingono lungo un asse, fino a riportarci comunque ad un'immagine sbagliata della persona in questione, una sorta di ibrido tra ciò che è in realtà e l'idea iniziale che ne avevamo costruito.

Gli ambienti lavorativi sono un classico esempio di ciò. Nessuno intende interfacciarsi in maniera troppo naturale con un collega appena conosciuto. Si viene a conoscenza delle sue mansioni, del suo sesso e di ciò che altri magari te ne hanno riportato. Prima ancora di stringere la mano all'interessato si pensa quindi di avere tutte le informazioni che possano interessare per permetterti di collaborarci funzionalmente. Quindi se si stratta di una donna con una mansione tecnica, si presume che le sue capacità non siano al meglio. Se si tratta di un assistente, che non abbia altri skill che non quelli di assistere meglio possibile qualcuno con maggiori responsabilità e così via.

Ma mentre in alcuni ambienti questa tecnica può portare comunque ad una collaborazione, per quanto zoppa visto che le reali caratteristiche del soggetto ne sono state praticamente oscurate, in altri può costituire un vero disagio. Negli ambienti sociali ad esempio, conoscere una coppia può portare ad equivoci veramente grossi. Partire dal solo presupposto che si tratti di una coppia monogama può limitare di molto le possibili interazioni che si hanno coi suoi elementi. Si tende a mantenersi nei comportamenti comunemente accettati, a parlare coi soggetti in questione senza mai dimostrare un interessamento più esplicito anche quando uno dei due ci attrae. E ciò va a scolpire un'immagine rigida dei due, difficile da infrangere anche quando si venga a conoscenza che il loro rapporto non è monogamo. Quindi anche nel far presente il proprio interessamento per uno dei due, si risente di un certo imbarazzo nei confronti dell'altro. Perché? Naturale timore di confronto oppure il frutto dell'idea iniziale che ci si era fatti?

Così molte coppie poligame si riversano negli ambienti più "trasgressivi" pur di vivere serenamente la loro forma di sessualità "aperta". Luoghi in cui non si fa altro che affermare che i comuni comportamenti sociali valgono ma fino ad un certo punto, luoghi dove una coppia vale la pena di essere conosciuta più a fondo per capire quali accordi la caratterizzano. Ma ciò, se da un lato apre la possibilità di viversi serenamente, dall'altra ghettizza certi comportamenti, in un certo qual senso li rende ancora più "strani", "stravaganti", "anomali" e porta a qualcosa di estremamente pericoloso: la nascita delle maschere sociali. Se non posso vivermi serenamente nella vita di tutti i giorni, allora lo farò in un privè il sabato sera e visto che non sento più la necessità di vivermi altrove, tanto vale che nella vita di tutti i giorni nasconda la persona che sono in realtà, fino a perdere l'abitudine di dimostrarmi per come sono, fino a sentirmi "diverso". Perché una società comune in cui certi comportamenti non sono esternati, non impara mai a farsi domande in proposito, non impara mai ad aprirsi senza giudicare ed è fin troppo comprensibile se sono i soggetti stessi non comuni a nascondersi per primi.

E così il gatto si è afferrato la coda. Il meccanismo è assolutamente discendente, porta alla chiusura, agli equivoci, ad una società che cela le sue anomalie, che mente a se stessa, che si scandalizza pur di non farsi considerare come una "stranezza".

Come infrangere questo meccanismo? Facendosi forza e, senza ostentare, proporsi per quello che si è in realtà. Parlare dei propri rapporti, anche quando questi non rientrano nello schema comune, parlare delle proprie tendenze sessuali, parlare delle proprie scelte di genere. E' imbarazzante certe volte, ma si impara come qualsiasi altra cosa. All'inizio non si troveranno esattamente le parole corrette per esprimersi e forse si farà un gran casino tra il cercare di nascondere gli elementi più difficili ed esternare quelli che si ritengono più accettabili, se si ha davanti poi qualcuno che si rivela veramente bigotto... viene davvero la voglia di dire "Stavo scherzando". Però man mano la situazione migliora, si impara prima di tutto a mettere da parte il proprio giudizio su se stessi e il discorso diventa molto più lineare, quando non si ha niente da nascondere è tutto più facile.

Dopotutto anche il più appassionato sadomasochista, ad esempio, rispetta l'integrità e la libertà altrui, e questi concetti sono cari alla comunità, solo che per alcuni escono in maniera più articolata, e allora? Chi vorrà ascoltare lo farà, qualcuno si scandalizzerà all'inizio ma poi verrà a chiederti informazioni, qualcun'altro non dirà nulla, assumerà le informazioni che gli state dando, fino ad arrivare a chi a sua volta avrà qualcosa da raccontare, e trovando un ambiente propizio dove farlo finalmente liberamente, lo esternerà e allora starà a voi ascoltare.

Il gatto non si morde più la coda, il meccanismo è stato ribaltato. Possibile fosse così semplice?

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